CANNABIS: WHY NOT

(Andrea Angelozzi)

La legge regionale abruzzese n°4 del 4 Gennaio 2014 ha di fatto reso “libero” l’utilizzo e la preparazione galenica, previa ricetta medica e quindi a carico del sistema sanitario nazionale, di farmaci a base di cannabinoidi. Potrebbe essere l’inizio di una nuova frontiera di liberalizzazioni, che,  come è accaduto in altri paesi (vedesi Uruguay e di recente gli USA),  potrebbero apportare benefici  economici, sociali e salutari. Da sempre il dibattito è stato ultra acceso nel nostro paese tra i sostenitori della cannabis a scopo terapeutico e i detrattori che fino ad oggi hanno sempre imposto la loro posizione. Al di là delle analisi politico-sociali sull’utilizzo o meno della cannabis sarebbe opportuno soffermarci sulle caratteristiche chimico-fisiologiche e su alcuni utilizzi in ambito terapeutico ed alimentare di questa pianta.

La cannabis sativa (Linneo 1753) è una pianta appartenente alla famiglia della Cannabinaceae e da sempre è stata utilizzata dall’industria tessile, edile e della carta. Dal punto di vista medico la cannabis contiene delle droghe denominate cannabinoidi o cannabinoli. Questi composti sono classificati come terpenofenoli, appartenenti alla famiglia degli eicosanoidi,  e presentano la capacità di interagire con i recettori cannabinoidi del sistema degli endocannabinoidi (ECS). Gli endocannabinoidi sono composti lipidici, prodotti dal nostro organismo, ad azione paracrino/autocrina che si legano ai recettori dei cannabinoidi (RC) CB1 e CB2. I recettori CB1 sono maggiormente localizzati nel sistema nervoso centrale e nelle cellule della glia, dove regolano importanti funzioni cerebrali come l’attività cognitiva e della memoria, la sfera emozionale, il controllo motorio e la percezione del dolore. Questi recettori si trovano nei terminali dei neuroni del SNC e del SNP dove modulano l’attività eccitatoria e inibitoria, essi regolano inoltre l’attività energetica e il metabolismo cellulare.

I recettori CB2 sono localizzati nelle cellule del sistema immunitario  e modulano il rilascio delle citochine e la migrazione delle cellule immunitarie. Nel sistema nervoso tali recettori sono presenti nelle cellule della microglia ma alcuni di essi si possono trovare nei neuroni.

Il sistema degli endocannabinoidi costituisce un sistema di neuro modulatori in grado di regolare l’eccitabilità neuronale implicata in numerose funzioni fisiologiche.

Tra i cannabonoidi naturali/sintetici i più significativi sono il Δ9– tetraidrocannabinolo o THC e il Cannabidiolo (CBD) detti anche fitocannabinoli.

Gli endocannabinoidi sono: l’Anandamide(AEA), Arachidonoilglicerolo (2-AG), Noladin (2-AGE), Virodamina (Arachidonic acid-2-aminoetil-estere HCl) e N-arachidonoildopamina (NADA).

Tralasciando per il momento gli endocannabinoidi, focalizzeremo l’attenzione sul possibile utilizzo dei fitocannabinoidi in ambito terapeutico e preventivo.

Uno studio del 2013 (Δ9– Tetrahydrocannabinol Disrupts Estrogen-Signaling through Up-Regulation of Estrogen Receptor β (ERβ). Takeda S., Yoshida K., Chem Res. Toxicology 2013) ha messo in luce il possibile ruolo preventivo del THC nei confronti dei tumori estrogeno correlati.  Nei pazienti sottoposti a terapia chemioterapica questo cannabinoide è somministrato per la sua nota attività analgesica, per ridurre i sintomi del vomito e per indurre appetito (cosiddetta “fame chimica”).

In questo studio, condotto in vitro su cellule mammarie tumorali umane (MCF-7), si è visto come il THC si lega ai recettori degli estrogeni ed in particolare al recettore α interferendo con il legame del 17-β estradiolo (E2). Il legame tra l’estradiolo e ERα è imputato come una delle cause principali del tumore alla mammella.  Ciò provoca una sovra espressione dell’altro recettore estrogenico ER β che a sua volta va ad interferire con l’azione cancerogenica del recettore α fino a sopprimere tale attività. Il meccanismo preciso su come il THC agisca non è stato ancora messo in luce, i ricercatori suppongono che l’azione antiestrogenica sia dovuta al fatto che il THC distrugge il segnale E2/ERα nelle linee cellulari MCF-7 tramite l’up-regulation dell’espressione di ERβ.

I dosaggi di THC somministrati variano da 1μM a 50µM (3mg-150mg), e si è visto che l’azione soppressiva maggiore si aveva a 25μM.

Altri studi scientifici e numerose review hanno dimostrato il ruolo del THC nelle malattie neurodegenerative . In tutti gli studi su pazienti affetti dalla malattia di Alzheimer è stato somministrato il THC, sotto forma del suo analogo farmaco (nabilone o dronabilone), riscontrando subito una notevole diminuzione dell’alterazione del comportamento oltre che un aumento del peso corporeo(in pazienti che rifiutavano di mangiare) dopo sole 6 settimane di terapia. Gli effetti negativi sono sfociati in eccesso di euforia, sonnolenza eccessiva o stanchezza, ma non hanno preoccupato più di tanto i ricercatori (Volicer et Al. 1997).  Altri studi condotti sia in vitro che in vivo su topi aventi la malattia di Alzheimer hanno dimostrato come la somministrazione di cannabidiolo (CBD) vada a prevenire la formazione della proteina Beta-amiloide e quindi a ridurre i deficit mnemonici che caratterizzano tale malattia(Iuvone et al.2004; Janefjord 2013).

Sempre per quanto riguarda la malattia di Alzheimer numerose ricerche scientifiche hanno dimostrato come l’azione combinata del THC e del CBD riesca a ridurre l’infiammazione nei soggetti affetti da tale malattia(e non solo).  Tale azione è data dalla stimolazione dei recettori CB2 presenti nel sistema immunitario delle cellule della microglia che riescono a prevenire, o quanto meno a ritardare, la perdita della funzionalità neuronale(Cabral  and Griffin-Thomas 2009;Martin-Moreno et al.,2012; Aso et al.,2013).

Dal punto di vista nutrizionale i semi di canapa costituiscono una fonte alimentare eccezionale, contengono tutti gli amminoacidi essenziali in alto contenuto sul peso secco, contengono una buona quantità di acidi grassi polinsaturi quali l’acido linolenico, linoleico e alfa linoleico, nonché una discreta quantità di vitamine e minerali (magnesio, potassio, calcio ecc).  Grazie al loro effetto stimolante sul sistema immunitario vengono spesso utilizzati per prevenire i raffreddori stagionali, alleviare i sintomi di artrosi, disturbi cardiovascolari e respiratori.