PSICO BIO-GALATEO: IMPARARE FACENDO (2a parte)

(Valeria Guerra)

Già alla metà del ‘500 monsignor Giovanni Della Casa nel suo trattato, appunto il Galateo ovvero “de costumi”, rilevava l’importanza di procedere in tal senso esprimendo meglio quel pensiero: “L’eleganza del comportamento è conseguenza di un sereno dominio delle inclinazioni naturali”.

Intuizione geniale e sorprendente per l’epoca.

Osservo che è proprio con un sereno dominio delle inclinazioni naturali che creiamo le premesse per costruire un contesto armonico con noi stessi che ci permetta di tenere sotto controllo le nostre debolezze non demonizzandole, ma accettandole come parte integrante di noi.

Conoscere e applicare con precisione e abilità le indicazioni delle regole e dei codici comportamentali ci permette di essere capaci di gestirci in modo corretto e disinvolto in ogni momento della nostra vita.

Poi sarà abitudine ed eleganza disinvolta.

Il Galateo non è esercizio d’insulso snobismo, rappresenta infatti un potente linguaggio che, una volta imparato ed esercitato abitualmente, ci permette di essere comunicatori efficaci, autorevoli e raffinati.

Noi comunichiamo sempre, anche se non vogliamo, anche se non parliamo.

Il modo di stare a tavola trasmette i nostri valori ed è un marcato gesto di comunicazione non verbale, utile più di mille parole.

Stiamo per accomodarci a tavola – c’è apparecchiato, si sente un gradito profumo che sollecita le papille gustative, ci si appresta a godere di un buon cibo e a questo punto grande imbarazzo:

dove mi siedo? cosa dico? cosa faccio? come inizio e quando? c’è un menu? c’è una precedenza da dare? un ospite da salutare?

Poi ecco che arriva l’indovinello: quattro bicchieri, sei posate, la lunetta delle verdure, un piattino a sinistra e… che ci farà messo lì quasi per caso e a fianco un coltellino quasi uno spalmino?

Se non conosco le regole e nemmeno provo imbarazzo la situazione è grave.

In quel momento il nostro attento e preparato  osservatore esterno non ci giudica per quello che “sappiamo nella nostra testa” ma per quello che inconsciamente e involontariamente stiamo comunicando con il nostro comportamento, e quello che purtroppo stiamo dicendo, di solito, non è  esattamente qualificante.

Quanto detto mostra che il percorso da compiere è impegnativo ma fondamentale per chi vuole vivere con stile e buona educazione e contemporaneamente ha compreso che può utilizzare il linguaggio del corpo a proprio vantaggio: conoscere questo linguaggio consente, infatti, di muoverci con più disinvoltura nella società e nella vita professionale.

Oggi più che mai abbiamo bisogno di recuperare quegli insegnamenti che danno valore alla nostra vita.

Nel corso della recente evoluzione dei costumi che ha esasperato più l’importanza dell’apparire che dell’essere abbiamo tralasciato, fin dalla prima infanzia l’insegnamento delle buone maniere, rifuggendo tutto ciò che poteva essere definito rispetto delle regole: concetti esiliati perché vecchi e obsoleti che reprimono la spontaneità e la creatività banalizzando così un discorso psico-pedagogico molto più profondo e ricco di significato.

Il risultato di quest’operazione è sotto i nostri occhi: una società allo sbando accecata da un egocentrismo esasperato con un’insofferenza esagerata alle regole.

Vietato vietare.

È anche vietato pensare con il proprio cervello, vietato essere educati, vietato il rispetto per gli altri, vietata la riconoscenza, vietato riconoscere il valore dell’esperienza e di chi ha dato tanto per le generazioni future.

Tutto vietato, meno che portare il cervello all’ammasso nel magazzino della stupidità fatta regola e abitudine.

Purtroppo anche la scuola ha risentito di questo clima e si è persa in questo fiume di ovvietà invece di assolvere il proprio compito, che è quello di  coltivare  l’amore per la conoscenza,  il rispetto per gli altri e per le loro idee, stimolare i giovani ad agire senza la ricerca di comode scorciatoie, meritando i traguardi cui aspirano attraverso l’impegno concreto. La scuola ha perso di vista il suo obbiettivo primario: educare.

La maleducazione impera, anzi paradossalmente non la si considera più tale: chi rispetta le regole, chi è gentile non è “furbo”,  è paradossalmente uno che non ha capito “come gira il mondo”.

Questo modo di pensare,  traslato nello stile di vita, è di comune accettazione e vi assicuro che e a tavola si riesce a dare il peggio non tanto perché non si conoscono i tempi, l’uso delle posate o come si mette il tovagliolo ma perché si ostenta un comportamento sciatto e insofferente per tutto ciò che si ritiene irrilevante e superfluo: il rispetto del codice del buon comportamento.

Con un po’ di attenzione si arriva a cogliere, oltre che la maleducazione, anche l’aggressività che molto spesso si cela dietro, perciò, si presti attenzione a quei particolari cui, incautamente, non diamo peso e che potrebbero rivelarsi in futuro un grosso problema.

Esagero:

Fa il cretino con la cameriera o la cretina con il cameriere;

Tiene il cellulare acceso e parla di lavoro al telefono;

Litiga al telefono con l’ex moglie o l’ex marito per gli alimenti o per i figli;

Mangia con la testa dentro il piatto;

Messaggia con un amico o amica;

Parla e ride con la bocca piena;

Messagia in continuazione;

Interrompe quando parlate;

Sparla di amici e conoscenti;

Si ravviva il trucco a tavola;

Mentre state parlando guarda da un’altra parte;

Fa commenti inopportuni;

Pilucca dal vostro piatto;

Alza troppo il gomito;

Si mette a litigare per il conto davanti a voi;

Si pulisce i denti con lo stuzzicadenti…

Mi fermo, basta e avanza e uno/a o una così lasciatelo/a perdere: il significato è ben annunciato, il significante è svelato.

Vi autorizzo a tralasciare le regole di bon ton e a lasciare il convivio anzitempo con una scusa qualunque

Di che convivio parlo? Un truogolo.

Quando si parla di Galateo facilmente, si fa confusione tra quello che è la conoscenza delle regole più rigide che denotano il nostro livello d’istruzione e quelle che invece disturbano il nostro vicino di tavola e che, denotano soltanto la nostra ignoranza.

Questa confusione ci porta ad affermare delle banalità per giustificare ciò che non conosciamo come ci ricorda un antico proverbio indù: ”Colui che non sa danzare dichiara che il pavimento è irregolare”.

A questo punto serve tenere presente che le buone maniere comunicano apprezzamento e considerazione e che questi sono bisogni essenziali che se soddisfatti predispongono l’altro all’apertura: obiettivo di non poco conto se una cena di lavoro fosse preludio alla conclusione di un buon affare, se un primo  incontro con l’eventuale anima gemella dovesse essere fosse foriero di  gioie future.

A  mio avviso, per una sorta di malinteso cameratismo, il più delle persone si adegua ai livelli più bassi di comportamento e addirittura mette a disagio chi al contrario tiene un comportamento educato, additandolo come uno che ostenta vezzi anacronistici, uno snob.

Mi sono chiesta come avrei potuto dare un contributo per cambiare questa degradante situazione con un lavoro di sensibilizzazione riguardo alle buone maniere e di contrasto allo sbracamento.

In particolare ho individuato nel comportamento a tavola la porta d’accesso  per iniziare un percorso chiamiamolo di civilizzazione.

Proprio così perché la nostra parte grezza  è  sempre in agguato e per un reale cambiamento occorre un atto di ferma volontà, uno sforzo cosciente, che si traduce  concretamente in disciplina, pazienza e perseveranza.

Difficile? Sì, ma alla fine il risultato premia.

Non aspettatevi dunque un Galateo da snob fine a sé stesso essendo il nostro intento disporre, attraverso il rispetto delle regole, di un metodo per raggiugere la consapevolezza  e, quindi, il controllo delle nostre azioni.

La nostra vita è piena e siamo talmente occupati da trascurare l’importanza di essere il più possibile presenti a noi stessi.

Per questo motivo, ripeto, ho individuato nell’azione circoscritta del mangiare il momento favorevole per esercitarci, applicandoci a stare in questo stato d’essere che rappresenta il fulcro della nostra crescita personale.

Se, dunque, mentre mangiamo, ci accorgiamo che non stiamo rispettando le regole di buona educazione possiamo decidere, contestualmente, di rimediare e ciò rappresenta un eccellente modo di educare la nostra parte instintuale.

Infatti se siamo attenti ed è forte il desiderio di far funzionare le cose ci accorgeremo quando il nostro subconscio ci pilota come non desideriamo e magicamente, a quel punto, potremo sostituirci a lui.

Ciò che distingue la presente proposta dai tradizionali corsi è la prevalenza attribuita al lavoro di autoconsapevolezza rispetto alla conoscenza formale delle regole.

Ciò non toglie che la parte didattica sugli aspetti formali sia ampiamente e meticolosamente trattata.

Non è certamente a caso che la sotto titolazione della presentazione sia “imparare facendo”.

Attraverso l’esperienza concreta dello stare a tavola si avrà modo di sperimentare e vivere situazioni che indurranno spunti di approfondimento per  rimediare lacune comportamentali e acquisire maggiore sicurezza di sé.

Alla fine, non verrà disatteso il messaggio ispiratore di Monsignor Della Casa  che afferma che il Galateo “è un dire civile e politico, di leggiadria e convenienza dei costumi”.

Di tutto si parlerà con serenità, in un clima colloquiale e gradevole guidati dalla consapevolezza che conoscere il Galateo e soprattutto applicarlo è un tratto distintivo che fa la differenza: è parlare un linguaggio che sottolinea un ulteriore evoluzione che vede sullo stesso piano cultura, educazione e virtù in quanto tutte e tre concorrono alla formazione complessiva della  persona.

Amici, alla fine non resta che accomodarci a tavola di modo che la comuneesperienza di quanto i piaceri e le sensazioni gustative si facciano più apprezzabili, se condivise, non vadano perse nel disagio dell’analfabetismo di ritorno dei nuovi manducanti.

PSICO BIO-GALATEO (1a parte)